Il forte di Fuentes
Nel
1602 a Milano ( il giorno 16 settembre), dopo alcuni governatori
spagnoli di sbiadita personalità, arriva in sostituzione di don
Giovanni Ferdinando Velasco, l'anziano Pedro Enriquez de Acevedo
conte di Fuentes. È reduce da vittoriose battaglie e raffinato
diplomatico. L'astuto governatore avverte subito che i confini
alla sommità del Lago di Como sono minacciati dai vicini popoli
grigioni.
Nell'ottobre del 1603, dopo aver ottenuto l'aiuto finanziario
dal re di Spagna, il conte di Fuentes da inizio ai lavori di costruzione
di un forte sulla sommità del colle di Monteggiolo a Colico, zona
strategica per il controllo degli sbocchi di Valtellina e Val
Chiavenna. La decisione provoca una violenta reazione diplomatica
da parte dei grigioni, alleati di francesi e veneziani, che però
non ottenne risultati positivi.
Dopo tre anni di febbrili lavori, condotti da duemila operai-guastatori
agli ordini dell'architetto militare Gabrio Brusca e protetti
da otto compagnie di soldati con venti pezzi d'artiglieria, la
colossale fortezza è ultimata nelle sue parti essenziali. I contorni
verranno eseguiti negli anni successivi. La fortezza, di pianta
irregolare, misura in lunghezza 300 metri ed in larghezza 125
metri, è dotata di una costruzione a "U" che comprende gli alloggiamenti
dei soldati, il palazzo del governatore, la chiesa, il mulino
con il forno, alcune cisterne per l'acqua e, nei sotterranei,
i magazzini. Costituivano opere accessorie del Fuentes la
torre di Sorico, la torretta del Passo, il fortino d'Adda, il
torrino di Borgofrancone, la torretta di Curcio e la torre di
Fontanedo. Nel 1620 inizia in Valtellina la rivolta che prenderà
il nome di "Sacro Macello" con conseguenze guerresche che dureranno
per un ventennio. In questo periodo il Forte di Fuentes funziona
da valida sentinella. L'opera di controllo e protezione del territorio
da parte del Forte di Fuentes continua senza scosse per decenni.
Le uniche eccezioni si verificano al passaggio di alcuni
eserciti di mercenari barbari (così ben descritti da Alessandro
Manzoni ne "I Promessi Sposi") che terrorizzano la popolazione.
Nel 1735 il ducato di Milano, dopo tanti travagli, cambia
definitivamente padrone: agli spagnoli subentrano gli austriaci
e Carlo VI d'Austria diventa duca di Milano. Nel 1769 è duca di
Milano l'imperatore Giuseppe II, figlio di Maria Teresa. Dopo
una visita al "forte", lo dichiara militarmente inutile. Nel 1782
il "Fuentes" viene soppresso e il "colle", messo all'asta, diventa
proprietà privata.
Nel 1796 Napoleone Buonaparte entra in Milano. L'imperatore,
per richiesta dei grigioni, ordina la distruzione del "forte"
ormai pacifica dimora agricola. Da Como salgono centinaia di guastatori
diretti dal generale francese Rambeau e la colossale fortezza
cade a pezzi.
Negli anni compresi fra il 1820 e il 1859 trovano rifugio
fra le rovine del forte e nei suoi sotterranei gruppi di banditi
che la gendarmeria Austriaca, non riuscendo a sgominare, si limita
a controllare. Nei primi decenni del nostro secolo lo Stato Maggiore
del Regio Esercito Italiano ipotizza la costruzione di un'opera
fortificata in "Pian di Spagna" a sbarramento delle direttrici
Adda e Mera. Per la sua ubicazione non ottimale è scartato il
Forte di Fuentes la cui collina è però inserita quale ipotesi
di osservatorio e postazione sussidiaria delle artiglierie in
appoggio al "Forte Montecchio Nord" o "Forte Lusardi" realizzato
fra il 1905 e il 1914.
Durante il conflitto 1915 - 1918, nel quadro sella linea
difensiva "Occupazione Avanzata Frontiera Nord" sulla collina
di Fuentes è costruita una cannoniera per artiglieria campale
pesante a nord della tenaglia spagnola di settentrione, e per
togliere al nemico ogni punto di riferimento i genieri demoliscono
la torretta rotonda spagnola che si erge ancora sul lato ovest.
Oggi il forte spagnolo, divenuto proprietà della "Provincia
di Lecco", chiaramente leggibile nelle sue strutture e infrastrutture,
affascinante nelle sue imponenti "rovine", è immerso nella pace
del maestoso paesaggio alto lariano.
Il forte Montecchio
Il Forte Montecchio Nord e', caso unico in Italia, ancora
uguale a come venne realizzato all’inizio della prima Guerra Mondiale.
A Colico - Lecco, dove confluiscono Valtellina e Valchiavenna,
lo Stato Maggiore aveva previsto una fortificazione in grado di
bloccare eventuali incursioni austriache. Un attacco mai verificatosi,
che unito ad una serie di coincidenze, ha permesso alla struttura
di conservarsi intatta. Dietro le mura, coperte da blocchi di
granito bianco, si nascondono decine di segreti che alcune guide
illustrano al visitatore. Dal generatore, dotato di un innovativo
sistema di abbattimento dei fumi, si passa alle camerate, prima
di entrare nella zona più tipicamente difensiva. Un lungo camminamento,
dotato di feritoie, conduce dapprima alla polveriera, scavata
nel cuore della montagna e dotata di un impianto di deumidificazione,
per poi raggiungere la zona di combattimento. Nella camera di
comando, un interfono simile a quelli delle navi permette di inviare
gli ordini alle torrette dei cannoni. Si tratta dei quattro più
grossi pezzi d’artiglieria presenti in Italia. E, cosa ancora
più stupefacente, a distanza di oltre 80 anni sono ancora funzionanti.
E’ possibile ruotare l’intera torretta e regolare, senza fatica,
l’alzo della canna del peso di quasi quattro tonnellate. Dal terrazzamento
superiore, oltre alle cupole dei cannoni, lo sguardo può spaziare
sulle vette circostanti, sull’oasi naturale del Pian di Spagna
e su tutto l’Alto lago di Como. Dal 1999 e' inoltre aperto un
piccolo museo della guerra che, per la prima volta in Italia,
è stato intitolato a un partigiano e a un fascista.